Cosa sono i “Non Performing Loans” e come funziona il sistema della “cartolarizzazione”

La cronaca finanziaria e i mass media che si sono occupati delle crisi che, di recente, hanno colpito il sistema bancario da tempo hanno sdoganato e fatto entrare nel linguaggio quotidiano il termine “NPL”; termine che oramai è entrato nel lessico comune e che per questo motivo, spesso, può essere frainteso o non compreso nella sua pienezza da coloro che non sono “addetti del settore”. La locuzione anglosassone Non Performing Loans (N.P.L.) contraddistingue i cd. prestiti non performanti, vale a dire impieghi di danaro concesso dalle Banche a persone fisiche o imprese che non riescono più a ripagare il capitale e gli interessi dovuti. In buona sostanza si tratta di crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini temporali di recupero alla scadenza che per ammontare dell’esposizione e che nel comune gergo bancario vengono identificati anche come crediti deteriorati.

Gli NPL si dividono essenzialmente in due macro categorie: gli incagli e le sofferenze.

Gli incagli sono delle esposizioni verso soggetti che sono in uno stato di difficoltà solo temporaneo. Rappresentano, dunque, dei crediti che in un congruo periodo di tempo si considerano ancora prevedibilmente recuperabili o che, per meglio dire, hanno un grado di rischio di “non recuperabilità” ancora contenuto e richiedono accantonamenti inferiori nelle riserve contro il rischio che devono essere presenti nel bilancio della Banca.

Le sofferenze, invece, sono crediti la cui riscossione non è certa da parte degli intermediari che hanno erogato i finanziamenti perché i soggetti debitori risultano in stato di insolvenza (anche se non accertato giudizialmente) o in situazioni equiparabili e che richiedono l’attivazione delle azioni legali necessarie per il recupero del credito e, parallelamente, l’accontamento di apposite riserve in proporzione al credito a rischio e alla sua condizione.

La cessione dei crediti deteriorati

Il sistema della cartolarizzazione dei crediti deteriorati si basa sostanzialmente sulla flessione del credito che in Italia è disciplinata dall’art. 1260 del codice civile. La cessione del credito si distingue in pro solvendo o pro soluto a seconda che il cedente, per effetto della cessione, venga liberato dal cessionario o rimanga obbligato in solido con il debitore-ceduto in caso di inadempimento di quest’ultimo.

Tramite la cessione del credito il soggetto creditore (cedente) può trasferire il suo diritto (a titolo oneroso o gratuito) verso il debitore (ceduto) ad un soggetto terzo (cessionario). Fatte salve le limitazioni imposte dalla Legge sulla cessione di determinati crediti con prestazioni a carattere strettamente personale la cessione del credito si perfeziona con un contratto il cui oggetto può essere liberamente disciplinato dalle parti e il cui perfezionamento è subordinato esclusivamente alla notificazione della cessione al debitore ceduto ma non all’accettazione da parte di quest’ultimo. Nella prassi bancaria la cessione è uno strumento polivalente utilizzato sia nelle operazioni di finanziamento al commercio dove la Banca, tramite il pagamento di un corrispettivo (solitamente inferiore al valore nominale del credito), anticipa la liquidità necessaria al cedente per finanziare la sua attività commerciale oppure utilizzata largamente nelle operazioni di ristrutturazione del debito come garanzia atipica.

Nelle operazione di cartolarizzazione la Banca esegue una cessione pro soluto di una massa di crediti ad un prezzo notevolmente inferiore al loro valore nominale complessivo.

Operazione che ha due vantaggi immediati per la Banca cedente: acquisire liquidità immediata da mettere in cassa e sgravare il proprio bilancio di un credito dai tempi e dagli esiti di recupero incerti che comporta un aumento delle riserve a bilancio e, di conseguenza, il drenaggio di risorse da destinare agli impieghi e alle altre attività remunerative per la Banca.

Per contro il cessionario si accolla il rischio e i costi del recupero del credito; credito di cui però avrà acquisito la titolarità ad un prezzo nettamente inferiore rispetto al valore nominale che potrà essere richiesto al debitore e gli darà la possibilità di conseguire, in caso di esito positivo nel recupero, una remunerazione che costituirà il suo utile.

Il sistema della “securitization” o cessione in blocco

La cartolarizzazione dei crediti, o “securitization”, è una particolare tecnica di finanza strutturata nata negli Stati Uniti d’America mediante cui è possibile smobilizzare dei crediti iscritti nel bilancio della Banca con tempi e costi di recupero elevati tramite una cessione ad un valore inferiore rispetto a loro effettivo valore nominale che, per contro, garantisce l’incasso di una liquidità immediata.

Tale processo già diffuso nella prassi è stato regolamentato in Italia con la Legge n. 130 del 30 aprile 1999 che ha introdotto nel nostro ordinamento lo strumento della cessione a titolo oneroso di crediti in massa a fronte dell’emissione di titoli rappresentativi (cd. Cartolarizzazione di cessione di crediti in blocco) al fine di favorire tramite operazioni finanziarie lo smobilizzo dei crediti bancari non performanti (NPL) o, anche più semplicemente, la loro gestione operativa all’interno dei gruppi bancari, tramite la cessione a società veicolo emittenti di titoli obbligazionari.

La cartolarizzazione consiste nella cessione di crediti o altre attività finanziarie capaci di generare flussi di cassa pluriennali e nella loro successiva conversione da parte degli acquirenti in titoli negoziabili da collocarsi sui mercati. Ogni operazione necessita dell’intervento di banche d’investimento specializzate (c.d. “arranger”), che debbono organizzarne e gestirne tutte le fasi. Il soggetto che intende originare un’operazione di cartolarizzazione (“originator” che può essere una banca, lo Stato, o un intermediario finanziario ecc.) cede a titolo oneroso la proprietà di un portafoglio crediti selezionato a una società appositamente costituita per la cartolarizzazione detta SPV (special purpose vehicle).

La SPV cessionaria finanzia l’acquisizione trasformando le attività cedute in obbligazioni (asset backed securities o notes) da collocare sul mercato dei capitali; il pagamento all’originator del prezzo della cessione avviene mediante il ricavato del collocamento dei titoli, emessi presso il pubblico o gli investitori professionali.

Il recupero dei crediti oggetto della cessione permette alla SPV di remunerare col pagamento di un interesse il capitale investito dagli acquirenti delle “notes” e rimborsare a scadenza il capitale stesso. I crediti sono sempre tutti ceduti pro soluto. Questo significa che l’originator è liberato da ulteriori responsabilità e non risponde col suo patrimonio nel caso di inadempimento dei debitori ceduti. In via eccezionale l’originator può svolgere il servizio di recupero dei crediti (servicing) perché conosce meglio i casi specifici e i suoi clienti o perché mette a disposizione della SPV una struttura para legale già collaudata. I titoli di credito emessi in un’operazione di cartolarizzazione ricevono un rating basato sulla capacità dei crediti ceduti e via via recuperati di fornire le risorse finanziarie sufficienti a pagare le passività derivanti dalle “notes” emesse.

L’importanza delle operazioni di Due Diligence pre acquisizione

Nel momento in cui il cessionario acquista il credito deteriorato diventa propietario, con esso, di tutto ciò che è collegato al diritto di credito ivi comprese le garanzie personali o reali. Il credito, dunque, diventa un vero e proprio “bene” che prima di essere acquistato deve essere valutato sotto tutti i suoi aspetti per poter permettere al cessionario, futuro acquirente, di formulare un prezzo congruo in relazione al valore sostanziale che questo possiede dato dalle probabilità di recupero del credito, dalla validità e dal valore delle sue garanzie.

Si pensi, a solo titolo esemplificativo, a un credito dal valore nominale di € 50.000 privo di garanzie e per cui può essere chiamato a rispondere il solo debitore e da un credito dello stesso tipo e della stessa misura che sia garantito da uno o più fideiussori o, addirittura, da un’ipoteca su un immobile di valore idoneo a coprire il credito.

Come si può facilmente immaginare il prezzo che verrà formulato dall’acquirente del credito su quella singola partita contabile sarà inevitabilmente influenzato dal suo valore “sostanziale” e dalla possibilità di poter recuperare, con le opportune azioni, buona parte se non tutto il credito nominale per capitale, interessi e spese.

Ne consegue che il cessionario prima di procedere all’acquisto del portafoglio di NPL dovrà operare un esame analitico e peculiare di un “campione” dei crediti che saranno oggetto di acquisizione tramite i propri consulenti fiscali e legali (cd.  “due diligence” legale ) per poter acquisire tutte le informazioni necessarie ad avere la fotografia dei crediti che sta andando ad acquistare e operare tutte le considerazioni relative all’efficienza strategico-finanziaria e fiscale dell’operazione e, soprattutto, per la formulazione del prezzo d’acquisto.

Si parla in questo caso di due diligence preventiva (cd. pre-acquisition due diligence) che consiste nell’attività di indagine eseguita nella fase antecedente alla chiusura dell’operazione di acquisizione del portafoglio di crediti e che serve per verificare l’opportunità da parte del potenziale compratore di procedere all’acquisizione sulla base dello stato e della natura dei crediti ma, soprattutto, delle previsioni di recupero che vengono formulate sulla scorta di un esame approfondito di un “campione” significativo del portafoglio o sulla base delle quali verranno definiti gli aspetti fondamentali quali, ad esempio, la certezza, la liquidità e l’esigibilità del credito,  i tempi e i costi di recupero prevedibili collegati inevitabilmente alle azioni legali che si renderanno necessarie, la validità delle garanzie e, di conseguenza, il valore del patrimonio del debitore-ceduto e dei garanti. Elementi tutti necessari per creare il c.d. “prezzo di cessione” e per modulare, sulla scorta delle informazioni ottenute, le adeguate garanzie contrattuali. Operazione utile anche per il cedente che, invece, d’altro canto, evita ogni sorta di contestazione o di azione legale da parte del compratore volta a far valere le disposizioni codicistiche in materia di garanzie per vizi, di qualità della cosa venduta e di aliud pro alio, dal momento che le caratteristiche dei “beni” direttamente ed indirettamente oggetto dell’accordo sono stati sottoposti ad un esame preventivo ed approfondito da parte del compratore stesso.

I flussi di cassa e la remunerazione delle “notes”

Come detto la cartolarizzazione è correlata all’emissione di prestiti obbligazionari che hanno come garanzia collaterale dei “crediti deteriorati”; ma da dove provengono i flussi di cassa che permettono di remunerare gli investitori obbligazionari?

La remunerazione delle cedole staccate a favore degli investitori obbligazionari avviene grazie al recupero dei crediti nei confronti dei debitori – ceduti e dei loro garanti. In questo senso svolge un ruolo molto importante l’azione legale che viene incardinata per il recupero; recupero che deve essere sempre ponderato non solo in termini di remunerazione economica ma anche (e soprattutto) in termini temporali. Si pensi, ad esempio, al caso di scuola del credito ceduto costituito da un mutuo ipotecario di € 100.000 garantito dal valore dell’immobile. Dato un credito di € 100.000 e un valore di perizia dell’immobile di € 80.000 a causa della svalutazione del mercato immobiliare è inevitabile che non potranno essere ignorate da parte del creditore proposte di definizione stragiudiziale, purché congrue, che potrebbero evitare una procedura esecutiva immobiliare. Procedura che, come noto, ha tempi molto lunghi e costi elevati per chi la sostiene che, di fatto, si riflettono su quello che sarà il prevedibile incasso che sarà recuperato al suo termine. Inoltre un incasso immediato o anticipato rispetto alla previsioni di recupero formulate al momento della “due diligence” eseguita prima dell’acquisto del credito permetterebbe di “eliminare” la relativa posta a bilancio con effetto positivo sullo stato patrimoniale della società di cartolarizzazione.

Vero è che la soluzione transattiva, sempre da preferire in termine assoluti, non può essere accettata senza una adeguata ponderazione proprio per i medesimi motivi contabili e patrimoniali. Il credito “ceduto”,  il patrimonio del debitore e le sue garanzie costituiscono (indirettamente)  il “patrimonio” della SPV e, di conseguenza, senza adeguate valutazioni giuridiche o contabili molto difficilmente potrà essere stralciato un credito per effetto di un accordo che sia lesivo della prospettiva di recupero minima che sarebbe in ogni caso garantita, nel caso ipotizzato, dall’immobile oggetto dell’ipoteca al netto delle spese e dei costi legali e, soprattutto, ad un prezzo comunque inferiore o uguale a quello pagato dal cessionario al cedente per il credito nominale.  Valutazioni giuridiche e contabili che dovranno essere ineccepibili poiché come detto dovranno giustificare lo stralcio e, di fatto, la svalutazione di un credito posto a bilancio di una società di capitali che emette obbligazioni che devono essere remunerate con l’incasso di quel credito e i cui bilanci sono e devono essere subordinati al severo controllo delle società di revisione e dei sindaci e, all’uopo, dell’autorità preposta.

Considerazioni conclusive

Con l’evoluzione del sistema bancario in Italia e in Europa si è acuita sempre di più la necessità di avere strumenti normativi completi e protocolli operativi adeguati utilizzabili per la valutazione del rischio della solvibilità e quindi dell’affidabilità che società e imprese devono avere nel ricevere credito (c.d. rating). Il principio che sta alla base della solidità di una Banca è che, quanto più sono sane e meritevoli le imprese finanziate, tanto più la banca sarà sicura da un punto di vista patrimoniale e, di conseguenza, le risorse finanziarie che i risparmiatori gli affidano saranno tutelate. La Banca deve eseguire analisi approfondite che, per converso, devono avere dall’altra l’impresa come interlocutore trasparente, aperto e propositivo che esponga le sue esigenze finanziarie in modo adeguato e che giustifichi ragionevolmente, al momento della richiesta di finanziamento, eventuali criticità dei progetti di sviluppo senza che, come spesso accadde, vengano celate sotto una cortina fumogena problematiche molto gravi a livello finanziario o societarie che, se rivelate in un secondo momento, andranno a rompere irrimediabilmente il legame di fiducia con l’azienda di credito. Quanto più sarà affidabile e ponderato il processo di valutazione del rating creditizio da parte di una Banca tanto più il mercato collaterale potrà assorbire NPL e il processo di cartolarizzazione potrà costituire a tutti gli effetti un valido ed utile strumento per alleggerire i bilanci delle Banche, e allo stesso tempo, costituire un volano per l’economia. Secondo i principi della corretta tenuta dei libri e delle scritture contabili, la presenza di crediti inesigibili in bilancio altera la veridicità del patrimonio netto, dell’intero bilancio e dello stato di salute dell’impresa.

La Suprema Corte di Cassazione si è di recente espressa più volte confermando tale orientamento (su tutte Cassazione, Sezioni Unite, n 22474 del 2016) sancendo  la necessaria cancellazione dal bilancio dei crediti a sofferenza ed inesigibili la cui presenza comporta alterazioni di bilancio, falso valutativo, falso in bilancio e false comunicazioni sociali con conseguente responsabilità per gli amministratori che, in questo modo, inducono i terzi in errate valutazioni sullo stato di salute della società. La cessione pro-soluto di crediti a sofferenza può essere un utile e valido strumento di gestione della Banca purché l’identificazione degli eventuali crediti da cedere e la decisione di cederli, sia conseguenza di una corretta valutazione di merito da parte dell’azienda di credito stessa e di una applicazione di corretti criteri gestionali e normativi incontestabili. E’ utile ricordare infatti che uno dei profili che ha reso, tra le altre cose, grave la crisi che il sistema bancario ha avuto nel primo decennio del XXI secolo è stato la classificazione a “sofferenza” di molti crediti ad un grado di rischio e con parametri molto diversi rispetto a quelli reali.

La conseguenza di fatto è stata quella di avere bilanci all’interno del sistema bancario “drogati” in cui molti dei crediti che sono stati oggetto di cessione erano stati appostati a bilancio con valori virtuali superiori rispetto al loro effettivo valore. Alcune Banche infatti applicavano una male practice che consisteva in una super valutazione delle garanzie al fine di giustificare gli impieghi e mantenere, nell’apparenza, solidi i bilanci. Con la conseguenza che nel momento di maggior espansione delle operazioni di cartolarizzazione (prima decade degli anni 2000) il mercato è stato inondato con portafogli che poi hanno dovuto essere completamente svalutati. Il prezzo e la corretta valutazione dei crediti sono, dunque, l’elemento fondamentale su cui si muove il sistema delle cartolarizzazioni nel mercato finanziario. Strumento sicuramente ingegnoso e proficuo per lo smaltimento degli NPL ma che, per contro, non deve essere abusato tramite una sua lettura distorta tale da alterare le valutazioni patrimoniali appostate a bilancio poiché così facendo si snaturerebbe la natura prevalentemente finanziaria dell’operazione che la rende profittevole sul mercato per ridurre la cessione dei crediti ad una “mero” trasferimento del rischio da un soggetto all’altro con il solo intento di scaricare all’ultimo arrivato un portafoglio privo di valore ma, cosa ancor più grave, diffondere sul mercato titoli inconsistenti e privi di valore bruciando cosi anche il valore dei risparmiatori che andrà ad aggiungersi a quello, già perso, dei crediti irrecuperabili.